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Gemini ha cambiato le regole del gioco: Google decide chi si vede e chi scompare. Ecco cosa sta accadendo davvero ai tuoi contenuti e come reagire.

Per anni Google ci ha detto cosa fare: “Create contenuti di qualità, pensati per l’utente. Scrivete articoli approfonditi, originali, rilevanti.” E noi lo abbiamo fatto. Abbiamo investito tempo, competenze e risorse per costruire siti e blog capaci di scalare la SERP.

Poi è arrivato Gemini, l’IA generativa integrata nella Ricerca Google. E improvvisamente, lo scenario è cambiato: gli utenti trovano la risposta direttamente nella pagina dei risultati, senza più bisogno di cliccare. La promessa di traffico “gratis” che ci teneva legati all’ecosistema di Google sembra svanita.

 

Il paradosso di Google

Il paradosso è evidente: per anni Google ha campato sui nostri contenuti, e ora che l’IA è in grado di riscriverli e sintetizzarli, ce li restituisce in formato ridotto, senza passare da casa nostra.
Ufficialmente, Big G assicura che Gemini “porta più traffico ai siti”. (fonte Blog di Google)
Ma i dati raccontano un’altra storia: le prime analisi indipendenti mostrano cali di visibilità a doppia cifra, perfino per testate internazionali solide e autorevoli.

 

I numeri del crollo

Le cifre iniziano a essere nette, e non lasciano troppo spazio a interpretazioni ottimistiche.

  • Uno studio del portale HTT evidenzia come l’introduzione degli AI Overviews (le risposte sintetiche generate da IA nelle SERP) possa ridurre il traffico organico medio tra il 18% e oltre il 30%, con un impatto sul CTR che – nel caso della prima posizione organica – può arrivare fino al 34,5%. htt.it
  • Allo stesso modo, analisi effettuate da Ahrefs segnalano come, quando un sito compare in un AI Overview, il click-through rate organico possa scendere drasticamente – confermando una perdita di traffico significativo. PPC Land+1
  • Negli Stati Uniti, alcuni grandi publisher e testate giornalistiche hanno registrato cali fino al 40% del traffico referral da Google dopo l’adozione dell’IA nei risultati di ricerca. Wall Street Journal+1

Quindi, non è un problema di “contenuti non abbastanza belli”: è un problema di accesso negato. Se la risposta completa è già dentro la SERP, perché un utente dovrebbe cliccare sul tuo link?

 

Perché è un problema enorme

Quando Google diventa sia giudice che editore, la partita è truccata. Decide chi vedere, come vederlo e, sempre più spesso, si sostituisce al contenuto stesso.

  • C’è il rischio di un appiattimento delle informazioni: tutto si riduce a un riassunto, senza contesto né sfumature.
  • La mancanza di trasparenza è simbolica: non sempre (anzi, quasi mai) è chiaro da dove Google “peschi” le informazioni mostrate nei box sintetici. Uno studio accademico recente descrive il fenomeno come una “crisi di attribuzione”, dove il 92% delle risposte generate da Gemini non cita esplicitamente la fonte web da cui ha tratto i dati. arXiv
  • La conseguenza per i piccoli brand o i blogger è evidente: chi non ha già un nome forte rischia di sparire sotto un muro di contenuti “Google-centrico”.

In pratica, Gemini sta facendo quello che per anni temevamo: sta trasformando la Ricerca in un muro di contenuti “Google-centrico”, dove il tuo lavoro rischia di rimanere intrappolato in una scatola sigillata.

 

Cosa possiamo fare (davvero)

Non possiamo fermare Google, ma possiamo cambiare strategia.

  • SEO “resistente”: puntiamo su contenuti iper-specializzati, long tail keyword e articoli evergreen che mantengano rilevanza nel tempo e non si facciano “riassumere” troppo facilmente.
  • Diversificazione dei canali: newsletter, community proprietarie, social selezionati. Non affidiamoci più solo al traffico organico in entrata da Google.
  • Valore percepito: costruire un brand per cui la gente cerca te, non solo “un generico articolo sull’argomento”. Questo costringe il lettore a voler cliccare il tuo contenuto, non accontentarsi della risposta sintetica di Google.
  • Trasparenza: dichiarare chiaramente come (e se) si è usata l’IA nella produzione dei contenuti, perché questo rafforza fiducia e autorevolezza, soprattutto in un contesto in cui Google sta diventando arbitro e divulgatore al tempo stesso.

In altre parole: non basta più pubblicare. Bisogna possedere le proprie relazioni digitali.

 

La morale è reagire, non subire

Gemini non è il futuro: è già il presente. E sì, è un problema serio. Ma non è la fine. È solo l’ennesima mossa di Google che ci ricorda una cosa fondamentale: se basi tutta la tua visibilità su un unico canale, prima o poi qualcuno ti taglierà fuori.

La sfida adesso è costruire strategie di contenuto che non dipendano da un algoritmo volatile, ma dalla fiducia del tuo pubblico. Perché i click passano, le relazioni restano.

 

Vuoi capire come proteggere la tua visibilità online nell’era Gemini? Inizia diversificando le tue fonti di traffico e puntando su pubblico che ti cerca perché vuole te.